“Ninfa dormiente” di Ilaria Tuti, i segreti del canto antico della Terra

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Di Gabriella Lax

Con “Ninfa dormiente”, edito da Longanesi, secondo capitolo delle storie del commissario Teresa Battaglia, Ilaria Tuti bissa il successo di “Fiori sopra l’Inferno”, aggiungendo all’efficacia della trama, alla scrittura scorrevole e appassionante, la capacità di ricerca impeccabile sulle storie delle popolazioni della Val Resia, per creare, con assoluta certezza, un piccolo gioiello nel suo genere. C’è sempre la guerra a fare sentire l’eco (lontano solo temporalmente) i cui effetti si propagano come pedine di un domino fino al presente. Ci sono i luoghi antichi (più che mai), sinistri ed inquietanti, ma tremendamente affascinanti. Il libro rappresenta un passo in avanti nell’indagine psicologica e introspettiva della storia dei suoi personaggi principali. Altri tasselli si scoprono dal passato della protagonista, ormai sessantenne, e del giovane ispettore Marini, il cui ruolo nella vita del commissario si delinea ancora meglio in questo nuovo caso. La scrittrice costruisce un bell’intrigo che nasce da un cold case, da una morte, quella della “ninfa dormiente”, ritratta col sangue in un dipinto oltre settant’anni prima. Le atmosfere tornano a colorarsi di verde cupo, in boschi che nascondono segreti molto più antichi stavolta, segreti che l’antico canto della Terra cela con sé. Parole che solo chi è connesso con la sua intuizione riesce a percepire. E la malattia del commissario, penalizzante per certi versi, al contrario spegne la razionalità e regala una voce ancora più acuta all’istinto che la indirizza verso la giusta direzione per risolvere l’intricata vicenda che nel passato affonda le sue radici insanguinate. In questo romanzo più che mai, il commissario Battaglia è l’emblema della compassione, quella che solo una madre amorevole sa provare. Quell’abbraccio liquido come il potere più grande che ha il femminile: quello di accogliere e di trasformare. Un potere liquido che non investe solo l’ispettore Marini, ma tutta la sua squadra e i nuovi elementi: Bianca la ragazza cieca e Smoky il cane “da scheletri” (ispirati a personaggi reali, confessa l’autrice) che ne entrano a far parte e, dulcis in fundo, il lettore stesso. Sfogliando le pagine del libro il commissario Battaglia non rimane una figura di carta da affidare al comodino, ma una presenza arguta e, soprattutto, confortante. La vedi muoversi, col suo caschetto rosso e i modi non particolarmente agili. Si fa amare il commissario Battaglia di quell’amore tenero e viscerale che solo per una mamma si può provare. Dietro quei modi burberi c’è un cuore palpitante di madre, di una donna che, al contrario, madre non ha potuto e non potrà mai essere. E così, per sua stessa ammissione, negli anni, anche le vittime sono diventate sui figli, persone da restituire alla memoria di altre persone. Ma non solo. Come già accaduto in “Fiori sopra l’Inferno”, c’è un dualismo che caratterizza gli assassini di queste vicende: essi solo in apparenza incarnano la cattiveria, dietro le efferatezze di cui sono capaci c’è sempre una storia vecchia che spinge, che incalza che, in qualche modo, non dà scampo. Non possono essere il male assoluto perché sono leve in un ingranaggio che non hanno le capacità per riuscire a spezzare.

Ectoplasmatica Lena nella tempesta

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Di Gabriella Lax

Dimenticate tutto quello che avete letto di Alessia Gazzola finora. Almeno se volete essere critici lucidi. Fate finta che non abbia scritto nulla. Può essere tante cose un segreti: in questo romanzo è una spada di Damocle che non mette a rischio la vita della nostra protagonista ma che le toglie il respiro e la tiene chiusa, serrata nei margini della paura. A nulla serve lo scenario selvaggio e incantato che la Gazzola dipinge nell’isola immaginaria di Levura. La protagonista, Lena cerca proprio nell’isola di ritrovare se stessa, per farlo tuttavia il passaggio dalla tempesta e dal dolore sarà inevitabile. Si avverte una tensione crescente, man mano che tutti i personaggi entrano in scena: come se tutti i pezzi del puzzle, per una serie di casualità, stessero concorrendo a posizionarsi nella loro parte della storia. Tutto si mette in modo che il segreto se non svelato possa essere risciolto, libero e innocuo, proprio come accade alle onde che smettono di fracassarsi alla fine della burrasca. Dei passati romanzi resta in piedi una protagonista femminile ben diversa da quelle divertenti, buffe, a tratti, e scanzonate. Comprendiamo il bisogno dell’autrice di staccarsi dalle felice figura letteraria di Alice Allevi che tanto bene le ha portato finora. Il personaggio di Lena, anche se frutto di ricerche ed empatia, non suscita quelle emozioni a cui ci aveva abituati Alice. Lena appare leggera, quasi ectoplasmatica, e nello stesso tempo, con un fardello di tristezza pesante che il lettore avverte. E la bellezza della natura dell’isola, per contrasto, enfatizza tutto questo peso. Il rovesciare le carte poi, a poche pagine dalla fine, è un coupe de théatre poco credibile e inverosimile: uno scherzo della memoria, cambia le premesse. La scrittura della Gazzola è, come sempre piacevole, ma riesce a tenere incollati solo chi la ama veramente. Per il resto si sente la necessità di sbarazzarsi di questo velo di tragico inutile che pervade il romanzo. Nonostante il lieto fine.

Capossela e la catarsi dell’Ombra

di Gabriella Lax

Foto Marco Costantino

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È un rituale di sosta e di passaggio. Attraverso la conoscenza dell’ombra/dolore il fardello dell’anima si alleggerisce e così essa può completarsi ed elevarsi. È nei variegati significati dell’ombra, intesa chiaramente nel senso Junghiano, che si trova la chiave del dotto amplesso musica/cultura dell’ultimo album di Vinicio Capossela “Canzoni della Cupa e altri spaventi” (diviso in due parti “Polvere” e “Ombra”), col tour domenica sera al teatro “Francesco Cilea” di Reggio Calabria grazie a Esse Musica del promoter Maurizio Senese. Una tournèe super simbolica anche nel giorno della partenza ufficiale, il 17 gennaio, dove si ricorda Sant’Antonio Abate e la festa della tradizione contadina durante la quale le stalle sono benedette insieme ai campi con grandi falò”, quel giorno in cui si dice che gli animali parlino.

Indispensabile l’ombra perché non avremmo una percezione totale di qualsiasi persona o oggetto senza di essa. L’ombra nostro fratello oscuro, invisibile, ma da noi inseparabile, parte del nostro unicum. L’ombra intesa come quelle caratteristiche personali che cerchiamo di nascondere agli altri ed a noi stessi. Ma più lo sforzo è intenso e protratto più l’ombra tenterà di emergere e compiere azioni malvage.

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Nella notte quanto mai azzeccata di luna piena, il concerto è un viaggio che inizia con lo spettatore proiettato nelle tenebre, flebili luci blu e i versi degli animali notturni. Civette e gufi con colori solitari e gli incubi che si manifestano nella solitudine del palco. Accompagno “Le creature della cupa” le antiche emozioni che emergono dall’inconscio collettivo dello spettatore, quei versi, pianti e lamenti che tutti abbiamo introiettato, dall’alba dei tempi. Scorza di mulo, Ol Pumminale, la notte di San Giovanni e si mescolano insieme antiche e nuove credenze nelle immagini raccontate con la foga espressiva che fa loro prender forma fino a ritrovarci le dita bagnate “nel letto del fango vermiglio, l’animella ha gettato del figlio dentro il letto del fango vermiglio e così se ne è andato l’imbroglio assieme alla fregola del coniglio” de Maddalena, la castellana. L’angelo della luce, La bestia del grano, Brucia Troia, Vinocolo, Dimmi Tiresia, fino a Le sirene che ci riportano a casa. Riportano vivi gli spettatori reggini imbevuti ed ubriachi del mito delle sirene che anima il mare tra Scilla e Cariddi. Le storie di folklore contadino si intrecciano coi miti del passato dando vita ad un incantesimo che ci lancia in mezzo ad un sabba. Peccato essere in teatro e non potersi lasciare travolgere da danze liberatorie e riti dissacranti dove il diavolo è amico, sorride e porta per man verso il tracollo che non è morte ma redenzione. Corvo torvo, Scivola via, Maraja, Sonetti/Pena d’alma, Pettarossa, Lo sposalizio di maloservizio, Il lutto della sposa, Il treno, infine l’attesa Il ballo di San Vito la catarsi dell’anima matura che abbandona il velo, come sul palco cade l’invisibile telo trasparente sul quale sono stati proiettati luci e incubi (grazie a tulle e specchi dell’“animatrice d’ombre” Anusc Castiglioni ed alle macchine di Max Zanelli) per il ritorno alla luce.

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E poi arriva la parte “reggina”, quella delle dediche alla città. Il cantautore di Hannover conosce le caratteristiche musicali della nostra terra, dalla chitarra battente di Francesco Loccisano, gli Skunchiuruti, all’omaggio dovuto al maestro Otello Profazio che se la ride sotto i baffi seduto tra il pubblico fino a Tony, il matto della città, e le sue canzoni omaggio ai Beatles ed a Bob Marley. Litanie e profezie in musica che non distolgono dai fatti pratici. «Lo stretto necessario» spiega Capossela, invocando uno “Stretto di Reggio” e non di Messina, almeno a tratti, bocciando il ponte megagalattico e promuovendo invece i sogni di fratellanza tra i popoli che si affacciano su quest’area del mare. Beve birra e prosegue dopo il bis lo spettacolo. Fondamentali per la riuscita dell’incantesimo i musicisti:  Alessandro “Asso” Stefana (chitarra, armonio e campionatori), Glauco Zuppiroli (contrabbasso), Vincenzo Vasi (percussioni, campioni, theremin, voce), Peppe Leone (tamburi a cornice, percussioni, mandolino, violino agricolo, voce), Giovannangelo De Gennaro (viella, flauti, aulofoni, strumenti antichi e voce) ed Edoardo De Angelis (violino). L’ingegnere del suono è Taketo Gohara. Il progetto luci è di Daniele Pavan, con la supervisione artistica di Loic Hamelin. Il direttore di produzione è Michele Montesi.

Esaustivo e mai sazio Vincio Capossela, soddisfa tutti, ma proprio tutti, i palati degli spettatori che portano a casa un regalo carismatico e indimenticabile: abbiamo lasciato andare l’immagine piatta e fallace di un corpo senza ombra e abbiamo accettato il dolore/ ombra che, nel cambiamento, ci ha trasformati in creature plastiche/consapevoli.

“Amici del museo”, Franco Arillotta è il nuovo presidente. Eletto il Direttivo dell’associazione

assemblea-amici-museoLo storico Franco Arillotta è il nuovo presidente dell’associazione “Amici del museo di Reggio Calabria”. L’assemblea dei Soci si è riunita per eleggere il nuovo Presidente e il nuovo Direttivo dell’Associazione. I lavori sono stati aperti con la commemorazione del precedente Presidente, prof. avv. Vincenzo Panuccio, fatta dal vicepresidente, Rizzo. Egli ha lumeggiato il ruolo da Lui avuto nella conduzione dell’Associazione per tanti anni, e dei concreti risultati ottenuti per la tutela dell’archeologia reggina. A conclusione dell’intervento, è stata consegnata alla signora Eva Catanoso Panuccio la tessera di ‘socia onoraria’, come testimonianza del rapporto che unirà sempre l’Associazione alla Famiglia Panuccio. La signora Catanoso Panuccio, nel ringraziare, ha voluto sottolineare il forte rapporto che sempre legò suo marito all’Associazione, da Lui voluta e sostenuta. È seguita la dotta relazione del prof. Costabile, su ‘Paganesimo e Cristianità nella Reggio romana’. L’Assemblea ha quindi proceduto a eleggere gli organismi statutari. Alla Presidenza è stato chiamato per acclamazione il socio Francesco Arillotta. Sempre per acclamazione, quali componenti del Direttivo sono stati nominati i soci Ambrogio, Barbaro, Carroccio, Chirico, Costabile, Crupi, Ferrara, Papalia e Rizzo; e così per la Segreteria della Presidenza, composta dai soci Conti, Laganà, Mallone, Rechichi e Schenal. Arillotta, nel ringraziare l’Assemblea per la fiducia accordatagli, si è detto consapevole della preziosa eredità ricevuta. Ha poi illustrato i temi principali del programma che intende realizzare, a partire dalla costante promozione del patrimonio archeologico calabrese. Grande attenzione sarà dedicata ai Soci, forza dell’Associazione, e ai Giovani, per i quali si predisporrà un progetto denominato: ‘Archeologia a Scuola’. Punti fermi del programma sono, inoltre, la costituzione del ‘Museo Storico della Città’ nell’ex Monastero di Sales, e la realizzazione di un Parco Archeologico Didattico. Continua collaborazione, per Arillotta, sarà ricercata, infine, con gli organi istituzionali del MIBACT: Soprintendenza, Segreteria Regionale e Direzione del Museo, nonché con le altre Associazioni Culturali reggine.

Crotone, ricoverata in un ospedale psichiatrico la giovane che ha soffocato la madre

carabinieriÈ stata arrestata in tarda serata la ventiduenne che nel primo pomeriggio di oggi aveva ucciso la propria madre, soffocandola. Al termine di un interrogatorio condotto, alla presenza dei suoi avvocati, presso la caserma del Comando Provinciale Carabinieri di Crotone, Federica Manica è stata ritenuta responsabile di omicidio volontario della madre Giovanna Salerno, di 48 anni. La Manica è ora ricoverata preso il reparto di Psichiatria dell’ospedale “S. Giovanni di Dio” di Crotone, ove si trova piantonata in attesa dell’udienza di convalida. Il delitto era stato commesso all’interno dell’abitazione occupata dalla vittima, dal marito pensionato e proprio dalla loro figlia. I Carabinieri, immediatamente intervenuti dopo essere stati allertati da una chiamata giunta sul “112”, avevano trovato il corpo senza vita della vittima riverso sul letto della camera matrimoniale, con accanto un sacchetto di plastica. Ancora aperti gli accertamenti su dinamica e movente, nell’ambito delle indagini condotte dai militari e dirette dal Pubblico Ministero dott.ssa Luisiana Di Vittorio, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Crotone. Nelle prossime ore la salma sarà invece sottoposta a esame autoptico, per chiarire ulteriori aspetti della vicenda.

Crotone, ventiduenne uccide la madre soffocandola

vioNel primo pomeriggio di oggi una ragazza di 22 anni ha ucciso la propria madre, soffocandola. Il delitto è stato commesso all’interno della loro abitazione sita nell’agro di Crotone.

Sul posto sono intervenuti i militari dell’arma della compagnia locale che  hanno trovato il corpo senza vita della donna, quarantottenne, riverso sul letto della camera matrimoniale, con accanto un sacchetto di plastica. I militari stanno ricostruendo dinamica e movente, nell’ambito delle indagini dirette dal Pubblico Ministero dott.ssa Luisiana Di Vittorio, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Crotone. La ragazza, invece, è stata condotta presso la caserma del Comando Provinciale Carabinieri di Crotone per essere sottoposta a interrogatorio alla presenza degli avvocati. (comunicato stampa)

‘Ndrangheta, è Antonio Cuppari l’imprenditore della confisca multimilionaria

guardia di finanza 2Militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria e del Servizio Centrale Investigazione sulla Criminalità Organizzata (S.C.I.C.O.) di Roma, coordinati dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria, hanno eseguito nei confronti dell’imprenditore CUPPARI Antonio una misura di prevenzione sia personale (sorveglianza speciale di pubblica sicurezza della durata di 3 anni) che patrimoniale, disposta dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, confiscando in Calabria e nel Lazio n. 4 società commerciali, n. 137 fabbricati, 51 terreni, 26 veicoli e rapporti finanziari, per un valore complessivamente stimato pari a circa 217,5 milioni di euro.

Tra i beni immobili oggetto di confisca si annovera anche il noto complesso edilizio residenziale turistico “Gioiello del Mare” di Galati – frazione di Brancaleone (RC).

Tale provvedimento rappresenta l’epilogo di una complessa e articolata attività investigativa svolta in sinergia dal Nucleo di Polizia Tributaria – G.I.C.O. di Reggio Calabria, dallo S.C.I.C.O. e dal Gruppo di Locri, che ha permesso di accertare un’ingiustificata discordanza tra il reddito dichiarato e il patrimonio direttamente o indirettamente a disposizione dell’imprenditore, risultato, altresì, appartenente alla locale di Africo (RC).

In particolare, in esito alle indagini esperite nell’ambito dell’operazione “Metropolis”, conclusa nel 2013 dai citati Reparti della Guardia di Finanza, con l’esecuzione di provvedimenti restrittivi personali nei confronti di 20 soggetti, responsabili di gravi reati – tra i quali quello di associazione per delinquere di stampo mafioso –, venivano delegati dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia appositi accertamenti di carattere patrimoniale tesi all’individuazione dei beni mobili ed immobili riconducibili, tra gli altri, a CUPPARI Antonio, ai fini dell’applicazione di una misura di prevenzione. CUPPARI infatti, nell’ambito della summenzionata operazione “Metropolis”, veniva tratto in arresto in esecuzione di ordinanza di custodia cautelare in carcere, perché gravemente indiziato – tra gli altri – del reato di cui all’art. 416-bis c.p., “…per aver preso parte dell’associazione mafiosa denominata ‘ndrangheta…”, con la specifica imputazione di aver “…con la dote del vangelo e ruolo di partecipe del locale operante in Africo Nuovo…” fornito “…un costante contributo all’operatività dell’associazione…” nel commettere delitti “…in materia di armi, esplosivi e munizionamento, contro il patrimonio, la vita, l’incolumità individuale… commercio di sostanze stupefacenti… estorsione, usure, furti, abusivo esercizio di attività finanziaria, riciclaggio, reimpiego di denaro di provenienza illecita in attività economiche…”. Il CUPPARI avrebbe utilizzato i proventi delle attività delittuose commesse dall’associazione “…per finanziare le attività economiche di cui gli associati intendevano assumere e/o mantenere il controllo” ossia “…nella costituzione della società “R.D.V. S.r.l.” titolare del permesso a costruire per il complesso il Gioiello del Mare e per la costruzione del complesso stesso” per le quali aveva impiegato somme di denaro provenienti da delitti di associazione mafiosa e traffico di stupefacenti.

L’approfondimento investigativo di carattere patrimoniale disposto dalla citata DDA ha permesso, attraverso la ricostruzione e l’analisi, nell’ultimo ventennio, di ogni singola transazione economica e finanziaria operata dall’imprenditore, dalle sue società e dal suo nucleo familiare, l’individuazione delle fonti illecite da cui veniva tratta una ricchezza decisamente sproporzionata in rapporto alla capacità reddituale dichiarata. Le indagini si sono concluse nel 2014 con l’applicazione – nell’ambito dell’operazione di polizia denominata “Mariage 2” – della misura ablativa del sequestro su beni mobili, immobili e societari, riconducibili, tra gli altri, anche al menzionato CUPPARI, per un valore complessivo pari a 419 milioni euro.

Il CUPPARI, da ultimo, nel 2016 è stato condannato alla pena di anni 10 di reclusione, con l’applicazione delle pene accessorie dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici e dell’incapacità di contrattare con la P.A..

In esito ai suddetti provvedimenti magistratuali, il Tribunale di Reggio Calabria – Sezione Misure di Prevenzione – ha ora disposto l’applicazione, nei confronti del CUPPARI, tuttora agli arresti domiciliari, della misura di prevenzione personale della Sorveglianza Speciale di P.S. per la durata di anni 3.

Le risultanze degli accertamenti eseguiti dalla Guardia di Finanza, infatti, indicano l’imprenditore quale soggetto dotato di pericolosità sociale, qualificata dall’appartenenza mafiosa, per la sua contiguità funzionale soggettiva con gli assetti organizzativi di univoca matrice mafiosa della cosca “Morabito”, egemone su Africo (RC). Infatti il CUPPARI, già intraneo a quest’ultima, a partire dal 2006, “…senza alcuna pregressa esperienza…” e con modesti redditi dichiarati/percepiti dal medesimo e dalla moglie, appena sufficienti a coprire le spese di mantenimento del nucleo familiare, si era improvvisato imprenditore nel settore di nicchia della costruzione, costituendo la “R.D.V. S.r.l.” ed avviando il progetto per la realizzazione e successiva vendita a stranieri, di complessi immobiliari quali il “Gioiello del Mare”, con destinazione turistica e residenziale, investendo ingenti risorse economiche, in perfetta simbiosi e sinergia di intenti, con i progetti imprenditoriali delle consorterie criminali mafiose.

In merito alla nominata “R.D.V. S.r.l.”, inoltre, le risultanze probatorie del processo “Metropolis” e quelle di carattere patrimoniale emerse nell’operazione “Mariage 2”, confermano la natura mafiosa dell’impresa avviata nel 2006 dal CUPPARI, il quale conduceva i suoi affari in totale dipendenza delle scelte, alleanze ed interessi del clan “Morabito” a cui faceva riferimento e che deteneva di fatto la sua golden share, ossia una quota occulta di potere decisionale e di controllo sull’investimento del sodale al cui servizio aveva messo a disposizione in momenti nevralgici della vita dell’impresa (dall’avvio, all’affermazione e crescita sul mercato) gli strumenti tipici di cui disponeva l’organizzazione criminale ossia la violenza, l’assoggettamento e l’omertà, ma anche il prestigio per concludere gli affari più facilmente derivante dalla forza intimidatoria.

Pertanto, gli elementi fattuali posti a fondamento della proposta patrimoniale dalla Guardia di Finanza sono, secondo il Tribunale di Reggio Calabria, sufficienti per definire la “RDV S.r.l.” e le sue controllate quali “imprese mafiose”. Con l’odierno provvedimento, è stata disposta, altresì, la confisca dell’ingente patrimonio, stimato in 217,5 milioni di euro, risultato, all’esito degli accertamenti esperiti, riconducibile a CUPPARI Antonio: l’intero capitale sociale e patrimonio aziendale (comprensivo di rapporti di conto corrente, beni immobili e registrati mobili) delle seguenti società:

– “La Rosa dei Venti di Cuppari Antonio e Rodà Ernesta S.n.c.”, con sede legale in Brancaleone (RC);

– “R.D.V. S.r.l.” con sede legale in Roma;

nonché delle seguenti società partecipate dalla “R.D.V. S.r.l.”:

– “VECO COSTRUZIONI S.r.l.”, con sede legale in Roma;

– “F. & C. S.r.l.”, con sede legale in Brancaleone (RC);

un immobile ad uso abitativo, sito in Brancaleone (RC).

L’amministrazione delle società sopra indicate sarà affidata all’ “Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata”. (comunicato stampa)

‘Ndrangheta, confisca di beni per 217 milioni ad un imprenditore di Africo

guardia di finanza - CopiaDuro colpo all’imprenditoria reggina contigua alla ’ndrangheta grazie all’esecuzione di un provvedimento di confisca di compendi e quote aziendali di società commerciali, fabbricati – tra cui il noto complesso turistico “Gioiello del mare” di Brancaleone (Rc) -, terreni e veicoli riconducibili ad un imprenditore, per un valore pari a circa 217,5 milioni di euro.

Militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria e del Servizio Centrale Investigazione sulla Criminalità Organizzata (S.C.I.C.O.) di Roma, coordinati dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria, hanno eseguito nei confronti di un imprenditore reggino ritenuto intraneo alla ‘ndrangheta, locale di Africo (RC), una misura di prevenzione personale e patrimoniale, disposta dalla Sezione Misure di Prevenzione del locale Tribunale, confiscando in Calabria e nel Lazio società, fabbricati, terreni e rapporti finanziari per un valore pari a complessivi 217 milioni di euro. Tra i beni immobili oggetto di confisca si annovera anche il complesso edilizio residenziale turistico “Gioiello del Mare” di Brancaleone (RC). Tale provvedimento rappresenta l’epilogo di un’articolata attività investigativa svolta in sinergia dal Nucleo di Polizia Tributaria – G.I.C.O. di Reggio Calabria, dallo S.C.I.C.O. e dal Gruppo di Locri, che ha permesso di accertare un’ingiustificata discordanza tra il reddito dichiarato e il patrimonio direttamente o indirettamente a disposizione dell’imprenditore.

Comunicato stampa della Guardia di finanza

Finisce la latitanza di Antonio Pelle detto “La mamma”. La polizia lo trova in un nascondiglio nella sua abitazione

questura-pelleDi Gabriella Lax

E’ finita la latitanza di Antonio Pelle “la mamma”. Catturato dalla squadra mobile di Reggio Calabria e dal personale del servizio centrale operativo della Polizia di Stato, 54 anni, nato a San Luca, capo della cosca Pelle Vaccareddu di San Luca, latitante dal 2011 ed inserito nell’elenco dei 100 latitanti più pericolosi stilato dal Ministero dell’Interno. L’uomo deve scontare una pena detentiva di 20 anni ed un mese di reclusione per i reati di associazione mafiosa, coltivazione illecita di sostanze stupefacenti, ricettazione, evasione e detenzione abusiva di armi e munizioni. L’arresto è avvenuto appena qualche ora fa. Così il questore Raffaele Grassi sottolinea in conferenza stampa che l’uomo stava per essere inserito nella lista dei 10 ricercati più pericolosi.

“Lo cercavamo da mesi – afferma il capo della Mobile Francesco Rattà – a casa sua aveva realizzato un nascondiglio di gran pregio, tra la stanza da letto ed il bagno, all’altezza del soffitto”. Vi si poteva accedere tramite un’apertura grande quanto una cassaforte domestica, celata dalla carta da parati”.

Una cattura particolarmente significativa, per il procuratore generale Federico Cafiero De Raho “Pelle è il capo della cosca che restò coinvolta nella strage di Duisburg, nel giorno di ferragosto del 2007”. Si tratta di quel Pelle capo dello schieramento criminale che commesso l’omicidio di Maria Strangio, nel Natale 206, e che si inquadra nel contesto più ampio della faida che dal 1991 insanguina San Luca e che vede contrapporsi le cosche Vottari “frunzu”, Pelle “vancheddu”, Romeo “stacchi”, da una parte e Strangio “jachi” e Nirta “versu”, dall’altra. Nel medesimo contesto criminale si inquadrano gli omicidi che hanno insanguinato la zona negli anni tra il 1991 ed il 1993. “La squadra Stato opera incondizionatamente – sottolinea De Raho – Pelle non si aspettava minimamente di essere catturato a casa sua”.

Il provvedimento di fermo fu indirizzato a Pelle il 30 agosto del 2007,di seguito ci fu il provvedimento di custodia cautelare datato 17 settembre dello stesso anno, nelcorso dell’operazione “Fehida”. L’uomo comunque riuscì a sottrarsi ai provvedimenti per venire poi arrestato il 16 ottobre dell’anno successivo mentre si trovava ad Ardore Marina, all’interno di un bunker sotterraneo. Il 19 marzo 2009 è il giorno della condanna a 13 anni di reclusione, provvedimento emesso dal gup di Reggio Calabria. Da qui il racconto di De Raho, secondo il quale, ingurgitando alcuni medicinali Pelle riesce a perdere peso e a dimagrire tanto che il suo stato diviene incompatibile con la custodia in carcere. Un perfetto piano in preparazione della successiva fuga, come si scoprì dopo una serie di intercettazioni. La corte d’appello di Reggio Calabria, il 14 aprile del 2011 sostituisce la custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari. Per un presunto grave stato di anoressia Pelle viene ricoverato nel carcere di Locri da dove riesce a fuggire sottraendosi alla misura restrittiva. Oggi invece la fine della latitanza, con la certezza espressa dal procuratore sul fattoche i capi ‘ndranghetisti, anche quando si nascondono, non si allontanano mai dai loro territori, se non pre brevi periodi.

Palazzo Crupi, l’incanto della “Casa delle farfalle” ancora in mostra fino al 5 ottobre

ec4a0546-copiaDi Gabriella Lax

Tra l’onirico ed il misterioso, affascinante e maestoso è il mondo delle farfalle. Uno spettacolo unico quello offerto a Reggio Calabria, al palazzo della cultura “Paquino Crupi”, dove è allestita la “Casa delle farfalle”, curata dagli entomologi Elvira Castiglione e Francesco Manti. Una mostra che avrebbe dovuto concludersi oggi e che, invece, per il successo registrato in questi giorni, è stata prolungata fino a giovedì 5 ottobre prossimo. img_20161002_114439Dietro le pesanti tende verdi del terzo piano della struttura si apre un mondo incantato in cui piante verdi e fiori fanno da scenari al volo epico delle più svariate specie di lepidotteri tropicali sono provenienti dalle regioni del Costa Rica, dell’Uganda, del Kenia, nel cuore della biodiversità. Ed i due entomologi con grande pazienza riescono a spiegare, a grandi e soprattutto ai bambini, il ciclo della vita di questi esseri piccoli e stupefacenti che “srotolano la loro proboscide quando vogliono mangiare, un po’ come gli elefanti, ma non toccano gli uomini”. Ed entrando nelle stanze si ha proprio l’impressione di fare un salto nello spazio in un atmosfera a tratti preistorica e selvaggia. Può succedere così che farfalle ec4a0569-copiasi poggino sui capelli, sui vestiti dei visitatori. Da un lato i tanti bozzoli, quelle che, un tempo erano state le incubatrici dalle quali nascono gli splendidi esemplari. Un tuffo di colori, dal blu acceso al rosso, dal bianco al mimetico verde. Si passa così dalla farfalla “morpho blu” alla farfalla “civetta” quella che, con due grandi occhi tatuati sulle ali, simula lo sguardo di un uccello notturno e riesce a sfuggire ai predatori. Con l’entomologa Castiglione ci confrontiamo su un mondo così vicino eppure così sconosciuto come quello degli insetti che costituiscono le specie più ec4a0552-copianumerose tra gli esseri viventi. Così imparo che le farfalle vedono i colori ultravioletti, il cui spettro l’occhio umano non è capace di distinguere. E le farfalle ci sentono, ma non con le orecchie come gli esseri umani, piuttosto riescono a decifrare le vibrazioni che i suoni emanano magari con le zampine. E poi una domanda devo farla. E la farfalla famigerata protagonista de “Il silenzio degli innocenti”? L’Acherontia atropos, sfinge testa di morto…è davvero così terribile?. Mi tranquillizzano “di notte fa visita agli alveari e si nutre del loro miele”. Correte al palazzo della Cultura, le farfalle vi aspettano per pochi giorni ancora, nel loro habitat naturale. In attesa che la casa delle farfalle, insieme a tutti gli altri insetti dei due entomologi possano trovare una nuova stabile collocazione, dopo aver abitato per tre anni, fino allo scorso giugno, ad Ecolandia. (foto Marco Costantino)